NIS 2 e sicurezza della supply chain: come trasformare un obbligo in un vantaggio competitivo

30 Maggio 2025

La sicurezza della supply chain non è più solo una buona prassi: con l’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2022/2555 (“Direttiva NIS 2”), recepita in Italia dal D.Lgs. 138/2024, è diventata un obbligo giuridico preciso per molte imprese.

Ma c’è un equivoco che rischia di indebolire l’approccio delle aziende: pensare che unicamente i soggetti essenziali e importanti, rientrando nel perimetro di applicazione della normativa, debbano conformarsi agli obblighi ivi previsti.

Il vero nodo è diverso: indirettamente, con una sorta di effetto a cascata, anche i fornitori dei soggetti essenziali e importanti dovranno adottare misure adeguate a dimostrare la compliance agli standard di cybersicurezza richiesti dai loro clienti NIS. È quindi fondamentale interrogarsi sul come trasformare questi nuovi obblighi in una leva strategica per rafforzare la resilienza aziendale e accrescere la propria credibilità sul mercato.

Vediamo come farlo, partendo dai punti chiave che le aziende devono conoscere e gestire.

1. Oltre l’obbligo: gestire i fornitori come anelli critici della propria resilienza

La NIS 2 impone alle organizzazioni essenziali e importanti di garantire un livello di sicurezza adeguato lungo tutta la supply chain. Non basta più proteggere la propria rete: occorre estendere il controllo ai fornitori.

Ma cosa significa, in pratica?

Significa valutare:

  • le vulnerabilità specifiche di ogni fornitore;
  • la qualità delle loro pratiche di cybersecurity;
  • i risultati delle valutazioni coordinate dei rischi delle supply chain critiche.

In questo quadro, il Regolamento di esecuzione (UE) 2024/2690 (il “Regolamento”)[1] e la Guida tecnica ENISA (la “Guida”) offrono un metodo concreto per tradurre questi principi in azioni pratiche.

Cosa fare subito:

  • creare una mappatura aggiornata dei fornitori critici;
  • integrare la gestione della supply chain nel sistema di gestione dei rischi aziendali;
  • stabilire criteri chiari per la qualifica dei fornitori.

2. Dalla compliance alla strategia: come impostare una politica di sicurezza efficace

La compliance non è (solo) un esercizio documentale. Secondo il Regolamento, ogni organizzazione deve adottare una politica di sicurezza della supply chain che regoli non solo le relazioni contrattuali, ma anche i criteri di scelta e monitoraggio dei fornitori.

Una buona politica di sicurezza deve:

  • definire responsabilità chiare su asset e dati condivisi;
  • prevedere aggiornamenti e controlli periodici;
  • integrare pratiche di cybersecurity, tenendo in considerazione anche standard e best practices riconosciute a livello internazionale (ad es., ISO/IEC 27001).

Il consiglio pratico:

Non creare un documento statico, ma costruire un modello operativo che permetta di aggiornare e adattare la politica di sicurezza in funzione dell’evoluzione delle minacce e del contesto operativo dei fornitori.

3. Clausole contrattuali: non semplici obblighi, ma strumenti di governo del rischio

I contratti con i fornitori diventano il primo strumento di gestione dei rischi cyber lungo la catena di fornitura. Il Regolamento richiede di inserire clausole di sicurezza ben precise.

Ma attenzione: non si tratta di appesantire i contratti con oneri generici. Le clausole devono essere:

  • mirate su obblighi specifici (notifica incidenti, gestione vulnerabilità, diritto di audit);
  • tattiche (ad esempio, verifiche sulla sensibilizzazione, competenze e formazione dei dipendenti, subappalto controllato, certificazioni di sicurezza);
  • operative, prevedendo SLA e KPI misurabili.

Checklist di partenza:

  • requisiti cyber specifici per il fornitore;
  • obblighi formativi e di sensibilizzazione per il personale;
  • clausole di gestione delle crisi e di sicurezza nella fase di offboarding, prevedendo specifiche disposizioni per la restituzione o distruzione sicura delle informazioni ottenute dai fornitori nell’esercizio dei loro compiti contrattuali.

4. L’effetto a cascata: cosa cambia per i fornitori

Un aspetto spesso sottovalutato è che l’effetto della NIS 2 si propaga lungo tutta la supply chain. Non solo i soggetti essenziali e importanti, ma anche i loro fornitori devono adeguarsi.

Questo significa che tutti i fornitori, comprese le PMI, che lavorano con aziende NIS dovranno:

  • dimostrare compliance ai nuovi standard;
  • essere pronte ad audit e verifiche;
  • integrare pratiche di cybersecurity nei propri modelli operativi.

Chi si adeguerà in tempo, trasformando la compliance in qualità percepita, avrà un vantaggio competitivo diretto.

Conclusioni: la cybersecurity come leva strategica

La conformità al Decreto NIS 2 non è solo un adempimento. È una cartina di tornasole della maturità organizzativa e un elemento distintivo per chi vuole essere percepito come partner affidabile e resiliente.

Investire ora in una cybersecurity di filiera non significa solo evitare sanzioni: significa diventare protagonisti di un mercato sempre più attento ai rischi digitali.


[1] Si segnala che il Regolamento trova applicazione diretta nei confronti di specifiche tipologie di operatori (tra cui i fornitori di servizi DNS, registri di nomi di dominio di primo livello, cloud computing, data center, piattaforme di marketplace online, motori di ricerca e social network).

2025 - Morri Rossetti

I contenuti pubblicati nel presente sito sono protetti da diritto di autore, in base alle disposizioni nazionali e delle convenzioni internazionali, e sono di titolarità esclusiva di Morri Rossetti e Associati.
È vietato utilizzare qualsiasi tipo di tecnica di web scraping, estrazione di dati o qualsiasi altro mezzo automatizzato per raccogliere informazioni da questo sito senza il nostro esplicito consenso scritto.
Ogni comunicazione e diffusione al pubblico e ogni riproduzione parziale o integrale, se non effettuata a scopo meramente personale, dei contenuti presenti nel sito richiede la preventiva autorizzazione di Morri Rossetti e Associati.

cross